Pittura piacentina: Stefano Bruzzi
ispirato dal suo amatissimo Appennino Piacentino
Stefano Bruzzi è nato a Piacenza nel 1835. Mentre portava a termine gli studi umanistici ebbe i primi insegnamenti sul disegno da Bernardino Massari. Poi, per desiderio di conoscere più ampiamente la vita artistica del suo tempo, si recò a Roma nel 1854. Qui allora tra i paesaggisti godeva meritata fama Alessandro Castelli e nello studio di codesto maestro, senza iscriversi all'Accademia, venne acquistando gli elementi di una ottima tecnica pittorica. A Roma entrò nella compagnia dei giovani artisti di quel tempo come Stefano Ussi, Enrico Gamba, Raffaele Casnedi coi quali frequentò l'accademia privata del modello Gigi. Vera intimità ebbe con Nino Costa col quale andò a dipingere dal vero ad Albano, all'Ariccia, al lago di Nemi; questo importante sodalizio durò fino al 1857. Dal Costa fu presentato ad Arnold Böcklin, che poi rivedrà a Firenze, del quale conservò l'amicizia e la stima fino agli ultimi anni del grande pittore svizzero. Erano i tempi che Stefano Ussi dipingeva La cacciata del Duca d'Atene, Enrico Gamba I funerali di Tiziano e fuori Roma cominciavano a farsi conoscere Telemaco Signorini e Vincenzo Cabianca. Dopo una dimora di quattro anni a Roma, quando gli parve d'aver imparato quanto era necessario per poter dire quello che sentiva, si ritirò a Roncolo di Groppallo, sull'appennino piacentino, e vi si trattenne salvo un breve periodo di tempo a Bologna e Milano (1860-63), fino al 1874. Qui immerso nella pace e nella tranquillità potè dedicarsi a dipingere il paesaggio nel continuo mutare delle stagioni, dai caldi meriggi d'estate al gelo delle nevicate d'inverno, popolandolo di contadinelli e di contadinelle, di pecore, di asinelli, di bovini, di cavalli; propio nello studio degli animali il Bruzzi ha rivelato una straordinaria finezza di osservazione che accompagnata ad una moderna impaginazione dell'ambiente hanno fatto collocare le sue grandi composizioni agresti fra gli esiti più alti di tutta la pittura italiana dell'800. Nel 1875 la necessità di avviare i suoi figli (si era sposato nel 1860) ad una carriera e il legittimo desiderio di dare un campo più vasto alla sua produzione artistica e di contrarre amicizie coi pittori più celebrati, lo consigliarono di fissare la sua residenza a Firenze, dove allora le nuove visioni dell'arte, in contrapposizione alle forme accademiche, venivano ora concretate in opere di autentico valore ed imposte all'ammirazione di tutti. Alcuni nomi primeggiavano fra gli altri: Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Serafino De Tivoli, Filippo Palizzi, Gerolamo Induno, Vincenzo Cabianca, Vito D'Ancona, Domenico Morelli. Il Bruzzi trovò un ambiente doppiamente favorevole: primo perchè quella scossa "macchiaiola" era consona ai suoi sentimenti d'artista e secondo perchè egli stesso dette ai paesaggisti toscani una apprezzata cooperazione per la rinascita dell'arte di quel tempo. Va ricordato che durante il lungo soggiorno fiorentino, durato venti anni, il Bruzzi non mancò mai di tornare a Roncolo di Groppallo, specialmente l'estate, per trarre sempre nuove ispirazioni dal suo amatissimo Appennino. Nel 1895 accogliendo l'invito dell'Istituto d'Arte Gazzola a presiedere la cattedra di "Figura" ritorna nella nativa Piacenza. Nel 1897, invitato alla Biennale di Venezia, espose il Don Chisciotte, un dipinto di grandi dimensioni considerato il suo capolavoro, riscuotendo uno straordinario successo di critica e di pubblico. Stefano Bruzzi moriva nel 1911 a Piacenza, dipingendo fino agli ultimi giorni con immutata passione. |
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